Opere
Roma-Sabbioneta: l’immagine della città
Vespasiano Gonzaga si dedicò alla ri-fondazione della cittadina di Sabbioneta all’insegna dell’antichità classica, sia nelle architetture che nelle decorazioni. Le architetture del Principe si rivestirono esternamente di marmi e internamente di opere greco/romane o moderne come ad esempio nella Galleria degli Antichi. L’eccezionalità di questa raccolta, oltre alla qualità dei pezzi, sta nella concreta sopravvivenza in condizioni di integrità alla morte di Vespasiano Gonzaga e alle successive vicende di Sabbioneta. Sul finire del XVIII secolo gli artisti dell’Accademia delle Belle Arti di Mantova che si mossero sul territorio alla ricerca di marmi per costituire un museo ritrovarono a Sabbioneta una collezione completa a differenza di quanto poterono trovare nelle
altre residenze gonzaghesche quasi del tutto spogliate di arredi. Probabilmente le scialbature di calce che le ricoprivano per immunizzare gli ambienti dalla peste permisero di scambiarle per calchi in gesso privi di grande valore. E grazie a questo “errore”, la raccolta di Vespasiano Gonzaga è giunta praticamente integra fino a noi.
Roma-Sabbioneta: Il principe e l’antico
Nei palazzi di Sabbioneta erano numerosi i busti-ritratto inseriti nella struttura architettonica, per lo più come complemento al percorso simbolico e decorativo. Molti dei busti della collezione di Vespasiano Gonzaga provengono dalla Sala degli Imperatori in Palazzo Ducale dove, nella fascia più alta delle pareti, le sculture antiche si alternavano a delle copie, eseguite da Bernardino Campi nel 1584, delle tele con i ritratti dei Dodici Cesari dipinte da Tiziano poco prima del 1540 per Federico II Gonzaga. In molti di questi ritratti solo la testa è originale, mentre il busto spesso non è pertinente o addirittura ricostruito in età rinascimentale.
Il mondo antico era simbolicamente significativo per Vespasiano Gonzaga: il continuo richiamo a Roma e ai suoi dominanti non aveva solo un valore culturale, estetico e di rappresentanza, ma anche politico, in cui il potere romano imperiale era per il principe un modello di governo a cui
aspirare.
Antico-Falso antico
Il mercato dell’arte tra XV e XVI secolo è caratterizzato dalla presenza di pezzi antichi falsi, che venivano venduti come tali, ovvero come imitazioni dichiarate. Diversi artisti si cimentavano in questo ambito di produzione, raggiungendo dei livelli qualitativi spesso eccezionali. Ecco quindi che il falso veniva acquistato per completare delle serie iconografiche (come nel caso delle effigi di
imperatori romani) o per essere messo a confronto con pezzi antichi. E nei principali centri di commercio dell’antico alcuni artisti, come Tommaso e Giovan Battista della Porta o Antonio Lombardo, si erano specializzati in questa produzione, che aveva un vasto mercato e garantiva
quindi un sicuro introito economico.
I resti di una collezione: memorie dal territorio
I Gonzaga di Mantova furono importanti collezionisti di antichità e, tra la fine del XV e l’inizio del XVII secolo, misero insieme una raccolta antiquaria straordinaria. Il nucleo originario è costituito dai marmi antichi di Isabella d’Este, ma la collezione fu poi ampliata trovando posto non solo
all’interno di Palazzo Ducale, ma anche in altri edifici gonzagheschi, come Palazzo Te o Villa Favorita, presso Porto Mantovano. Con la vendita delle collezioni gonzaghesche a Carlo I d’Inghilterra nel 1627, la raccolta antiquaria andò prima dispersa e poi distrutta con l’incendio di Whitehall Palace nel 1698. I Gonzaga tentarono di ricostruire parzialmente una collezione di
antichità con Carlo II Gonzaga-Nevers, ma anche questa andò perduta, perché fu trasferita a Venezia al seguito dell’ultimo duca Ferdinando Carlo Gonzaga-Nevers e poi venduta all’asta dopo la sua morte.
Notevoli erano anche le raccolte antiquarie dei rami cadetti, come quella di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta e a Rivarolo Mantovano o quella di Cesare Gonzaga a Guastalla. Così quando sul finire del XVIII secolo gli inviati del governo austriaco cercavano materiali per costituire la collezione destinata al palazzo dell’Accademia Mantovana di Lettere e Arti, trovarono numerosi
marmi antichi nelle residenze gonzaghesche del territorio e li trasferirono a Mantova, con l’obiettivo di fornire agli studenti dell’Accademia modelli formali da imitare, secondo il gusto neoclassico. La collezione, allestita inizialmente nel corridoio superiore del Palazzo degli Studi (oggi Biblioteca
Teresiana), passò nelle proprietà del Comune all’inizio del XX secolo, per essere poi trasferita in Palazzo Ducale nel 1915 e oggi in parte esposta in questo museo.