All’inizio del I millennio a.C. gli Egizi sperimentarono nuove tecniche di imbalsamazione. Fegato, stomaco, intestino e polmoni continuarono ad essere estratti dal corpo per facilitarne la conservazione, ma, una volta trattati, potevano essere riposizionati all’interno della cavità addominale. Una prassi questa che rimase in uso sino alla XXV dinastia (ca. 746-655 a.C.). I vasi canopi persero così temporaneamente la funzione di contenitori per gli organi mummificati, ora restituiti al corpo, ma non la loro importanza per il corredo funerario, e furono sostituiti dai cosiddetti pseudo-canopi. A differenza dei vasi canopi veri e propri, questi ultimi erano ricavati da un unico blocco di pietra e non scavati, come ad esempio lo pseudo-canopo a testa di falco della collezione Acerbi. Il corpo del vaso doveva recare un’iscrizione ad inchiostro nero, ora evanescente, contenente il nome del defunto e di Khebehsenuf, il figlio di Horo a testa di falco.
Terzo Periodo Intermedio, XXII dinastia (ca. 946-736 a.C.)
calcare con tracce di colore nero